01 - INTRODUZIONE

In questi ultimi mesi, la Missione Cattolica Italiana (MCI) del Cantone Turgovia ha vissuto un momento
piuttosto travagliato. Il processo di unire le MCI di Kreuzlingen e di Frauenfeld in un’unica realtà missionaria,
messo in atto dalle autorità pastorali, ha suscitato in alcuni perplessità e, talvolta, un vero e
proprio moto di protesta. Le ragioni della protesta sono comprensibili, tuttavia, tali esternazioni, che
in effetti rivelano il forte attaccamento alla tradizione e alla propria radice culturale, non sempre e
non da tutti sono state condivise, soprattutto perché la contrarietà non è stata manifestata in modo
adeguato e con forme idonee.
Con questo scritto, che non ha pretese di possedere né l’assoluta verità né la ragionevolezza esclusiva,
tento una lettura della situazione che si è venuta a determinare allo scadere del tempo di preparazione
e al successivo passaggio della messa in atto del processo pastorale. Questo mio scritto intende essere
un contributo al dibattito, un punto di vista e una personale riflessione
Il sottoscritto è del parere che la cosiddetta cantonalizzazione sia un’opportunità e non una indebita
riduzione. Alcuni sono del parere, invece, che sia solo l’espressione di una superficiale sottovalutazione
della complessità sociologica dello stato religioso di una qualificata minoranza, quale è - in Svizzera
- quella della compagine cattolica italiana.
In passato, infatti, la Comunità Cattolica Italiana costituiva una componente massiccia e determinate;
ora la situazione presenta caratteri del tutto differenti poiché molti si sono completamente integrati
e i loro figli sono oggettivamente praticamente naturalizzati, tanto che una buona parte di essi parlano
prevalentemente (se non esclusivamente) la lingua tedesca e molti neppure conoscono, nè tantomeno
parlano la lingua italiana. Ma non è solo questione di lingua: è qualcosa che riguarda lo sguardo complessivo
della vita, quel fenomeno intellettuale e filosofico che in tedesco è chiamato weltaschaung.
Poichè il nostro sguardo è interessato non solo a cogliere i contorni, diciamo così, paesaggistici del fenomeno
sociologico, ma è intende rivolgere la propria attenzione alle implicazioni pastorali del complessivo
fenomeno, possiamo dire che la situazione pastorale appare duplice: da una parte la realtà di
antica tradizione e, dall’altra, il nuovo processo che, in modo progressivo e graduale, si va man mano
delineando.
Giacché la situazione che si è venuta a determinare ha visto l’evolversi del processo sociologico in
circa 50/60 anni, ciò ci consente di comprendere che l’evento presenta aspetti interpretativi di non
facile lettura; questo mi spinge non a desistere, ma mi spinge ad addendrarmi in esso per coglierne
con chiarezza e in una maniera distinta i contorni definiti del fenomeno socio-religioso e di trarne,
quindi delle logiche conseguenze. Infatti, se è vero il princisio scolastico dell’agere sequitur esse, ciò
traccia una metodologia investigativa sicura: prima comprendere la portata e la complessità del fenomeno
e dopo - solo dopo - trarre delle conclusioni e decisioni pratiche ed operative.
02 - LA CANTONALIZZAZIONE E L’ODIERNA SITUAZIONE PASTORALE
Oggi la situazione si presenta aspetti variati, ma si evidenziano anche delle costanti generalizzate,
quali l’evidente avanzare dell’età anagrafica e della senescenza, spesso accompagnata dal fenomeno
del decadimento fisico e mentale. E questo costituisce un primo e marcato fronte sociologico, che non
interessa solo la scienza, ma ha i suoi immancabili riverberi sull’azione pastorali: la scarsa propensione
al movimento, si traduce anche in carenza di presenza e di partecipazione.
Questo primo ed inevitabile livello impone una modalità pastorale di tipo “domestico”, che prevede
la regolare pratica della visita e dell’attenzione alla persona, onde evitare la deleteria impressione
della trascuratezza e del disinteresse.
Un giusto approccio pastorale suggerisce la formazione di opportuni e qualificati ministri straordinari
della comunione, l’istituzione di gruppi per la preghiera domestica e la creazione di sentinelle pastorali
territoriali, con il compito di segnalare prontamente situazioni di particolare rilievo, per esempio: un
ricovero, un anniversario, un disagio importante, etc.
Gli effetti positivi di tale regolare attenzione alla persona in stato di bisogno, saranno avvertiti ed evi-
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denziati innanzitutto dai familiari dei fedeli anziani, i quali sono particolarmente grati se notano un’attività
pastorale che si prenda cura delle persone impedite, ormai confinate in case o in strutture di assistenza.
Non per essere un Solone da strapazzo, ma avere la possibilità di un bacino di volontari
pastorali più ampio, quale quello che la cantonalizzazione può offrire, è certamente meglio di ciò che
si può ricavare dalla parcellizzazione eccessiva del territorio.
03 - LA RICHIESTA OCCASIONALE DI SERVIZIO PASTORALE
Un secondo livello di notevole impegno pastorale è costituito da coloro che – di tanto in tanto - fanno
richiesta di servizi religiosi vari, per esempio: anniversario di matrimonio, il battesimo dei propri figli,
un funerale, la cresima prima del matrimonio, etc.
Nonostante abbia un carattare occasianole, tuttavia, questo è un settore che assorbe notevole tempo
e grande dispendio di energie per impegni che, pastoralmente, sembrano piuttosto evanescenti e del
tutto occasionali in quanto il servizio religioso è spesso richiesto da persone che non frequentano, ma
che si sentono cattolici per antico e radicato retaggio e/o sono dettate da esigenza di socialità, poiché
è cicostanziato dalla presenza di parenti e amici e conoscenti vari, ma la dimensione propriamente
sacramentale o religiosa assume solo i contorni di un pretesto circostanziale.
E’ da trascurare tale dimensione? No certamente: sono delle occasioni propizie che favoriscono l’incontro,
la conoscenza e possono divenire momenti propizi per gettare il seme di un’evangelizzazione
profonda e proficua. Anche in questo, mi pare che la cantonalizzazione può favorire lo sviluppo di assistenti
pastorali che - in modo specifico e specializzato - possono curare la preparazione, la celebrazione
e la capacità di saper trasformare l’occasionale richiesta di servizio in una circostanza utile alla
trasmissione del messaggio evangelico e, perché no, in un’occasione di un vero e proprio innesto nella
comunità missionaria.
Mi sembra scontato dire che è necessario preparare persone ad assumere e curare gli aspetti prismatici
di tali situazioni e la cantonalizzazione offre sicuramente un numero più vasto di persone su cui
contare.
04 - L’IMPEGNO PASTORALE CONSUETO
Per restare sulle grandi linee, c’è quindi un terzo livello d’impegno pastorale, ma su questo mi soffermo
poco in quanto è la parte normale, direi quotidiana e consueta della vita di fede di coloro che sono
dentro la comunità e che partecipano vitalmente al triplice munus: liturgico, catechetico e caritativo
della Comunità dei fedeli della Missione.
Tale settore, il più vasto, arricchito dalla presenza di diverse altre piccole comunità cittadine, ha bisogno,
in seguito al processo di cantonalizzazione, di iniziative adeguate che favoriscano l’azione di reciproca
conoscenza e la conseguente comunione d’intenti e di azione religiosa. Non mi soffermo oltre
poiché mi sembra superfluo dire cose ovvie e scontate. Ci sono, invece, due settori che, a mio parere,
possono trovare nel processo di cantonalizzazione delle favorevoli occasioni di progettazione pastorale.
05 - IL RECUPERO DI COLORO CHE HANNO SMESSO DI FREQUENTARE LA COMIUNITA’
E’ un campo vasto e poliedrico: si tratta di recupere non la pecorella smarrita, ma il grosso del gregge
che si è perduto. quella massa enorme di fedeli che normalmente non frequentano più la comunità e
che sono investite in piene dal noto fenomeno della secolarizzazione, che comporta lo scollamento
della vita dal nucleo interpretativo religioso.
Senza che mi divulghi in modo vano ed eccessivo, questo servizio deve essere completamente ri-progettato
come pastorale di nuovo incontro e di recupero. La cantonalizzazione offre l’opportunità di
nuovo approccio pastolare, l’occasione di un nuovo annuncio cristiano che possa rendere tale processo
più omogeneo e meno asimmetrico.
E’ il nuovo campo di impegno religioso che Papa Francesco ha definito la pastorale della Chiesa in
uscita. Tale impegno non si risolve con un colpo di magia o con iniziative stravaganti, ma mediante un
serio, appassionato e costante impegno di accostamento, d’interazione sociale e di nuova evangelizzazione.
E’, insomma, il campo che vede impegnata la Chiesa nell’orizzonte vastissimo del processo mon-
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diale della globalizzazione, ma che trova adempimento concreto e incarnazione pratica a livello locale. L’assetto
missionario precedente, caratterizzato da innumerevoli frammentazioni localistiche, sicché ogni
agglomerato cittadino – più o meno consistente – costituiva una comunità a se stante, non favoriva
uno sviluppo omogeneo e coinvolgente; il tutto veniva lasciato alla libera e volontaria iniziativa di alcune
brave e persone. Sotto questo aspetto la cantonalizzazione è un proficuo spiraglio che si è aperto
e che nell’immediato futuro vedrà impegnata l’intera comunità in uno sforzo comune e per un periodo
molto lungo.
06 - LA PRIMA EMIGRAZIONE
Quanto sto per dire, l’avrei dovuto usare come premessa, ma preferisco collocare qui queste considerazioni
poiché mi consentono di stabilire meglio l’evoluzione e, insieme, la differenza e la discontinuità
tra quanto avvenuto nel passato e quanto sta avvenendo nei giorni nostri, vale a dire tra la prima immigrazione
degli italiani in Svizzera, avvenuta nel secolo scorso, tra la fine degli anni ’50 e la metà
degli anni ’80 circa, e quella attuale. Due fenomeni migratori del tutto differenti.
Non penso di dire enormità o di dover essere accusato di esagerazione se affermo che una buona fetta
del progresso sociale elvetico, caratterizzato da una notevole capacità produttiva, sorretta un’efficientissima
forza organizzatrice, a tutti i livellI: civile, strutturale ed amministrativo; insieme con l’innegabile
condizione di diffusa agiatezza economica personale e sociale, che oggi permette alla Svizzera
di collocarsi ai primi posti del panorama internazionale, sia stato favorito dall’impegno lavorativo di
diverse generazioni di italiani, che con dignità, discrezione e dedizione hanno contribuito ad elevare il
generale tenore di vita di questo bel e verdissimo paese d’oltralpe. Numerose generazioni, costituite
in gran parte da operai e contadini, in gran parte sprovvisti di gradi accademici, hanno costituito quel
solido tessuto connettivo sociale dell’intero paese elvetico.
Questa enorma massa operai, primariamente ha provveduto ad assicurare a se stessa una decorosa
sicurezza di vita e – con il passare degli anni – hanno consentito di acquistare o proprietà o, addirittura,
di intraprendere attività d’impresa in Italia. Molte famiglie, qui in Svizzera, hanno potuto acquistare
case e assicurare una decorosa istruzione ai figli, i quali - a loro volta – si sono man mano integrati
nel tessuto connettivo elvetico e a livello sociale e in quello culturale.
Questa è la comunità che frequenta le Missioni Cattoliche Italiane e che, in passato, avevano sostenuto
con una tipica azione pastorale, fatta anche con un consistente impegno socio-assistenziale e religioso,
ha fatto delle Missioni Cattoliche Italiane dei luoghi di vera socializzazione che sotenevano individue
e nuclei familiari dall’aiuto nel disbrigo delle molteplici pratiche burocratiche all’inserimento sociale,
mediante l’istituzione di luoghi intrattenimento e di numerosi corsi, dalla lingua, al cucito.
Ovviamente, le comunità erano più frequentate e più numerose, ma – con il passare del tempo e il contemporaneo
sviluppo del progresso e dell’emancipazione sociale, le varie comunità cittadine hanno
subito un’innegabile ed oggettiva flessione.
Nel contempo, le esigenze di maggiore integrazione sociale, hanno spinto le autorità pastorali elvetiche
e quelle civili e sociali a favorire l’incontro e la fusione nel proprio tessuto sociale connettivo e ai fini
di un maggiore livello di compenetrazione socio-culturale. Il fenomeno si sta lentamente, ma inesoralmente,
progredendo. Alla somma di tutti questi fenomeni ha voluto rispondere il progetto che la
Chiesa svizzera ha avviato e sta gradualmente alimentando: la cantonalizzazione.
07 - LA CANTONALIZZAZIONE è UNA SFIDA DEI TEMPI
Per non sfuggire dalla tematica che ci siamo proposti di trattare, dico che - in questo caso - se la cantonalizzazione
è un’innegabile sfida per la pastorale tradizionale, bisogna anche aggiungere che essa
è una vera e propria benedizione, un’occasione storica propizia da non sprecare.
L’attuale allontanamento dei fedeli, infatti, se in parte è dovuto al fenomeno generale di desacralizzazione,
bisogna anche ammettere che è stato anche causato da un ritmo e un timbro liturgico e pastorale
per niente soddisfacente, in quanto esso era caratterizzato da un eccessivo moralismo, da assoluta carenza
di pathos e da patetica ripetitività di gesti e di formule incomprensibili e stanchevoli.
La cantonalizzazione impone, invece, di prendere in seria considerazione un approccio pastorale fatto
non solo di eventi rituali standardizzati, ma di indirizzare senso e verso dell’azione religiosa alla in-
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terazione personale e di porre al centro della questione religiosa e dell’azione liturgica la persona con
il carico dei suoi problemi e delle sue innumerevoli ansie e preoccupazioni, ove poter conoscere il
pensiero di Dio su tali reali condizioni umane e oggettive problematiche.
Oggi il fedele cerca esperienze sacramentali e religiose vere, scevre da indebito riduttivismo e stereotipe
precomprensione (vorverständnis, direbbe Gadamer). Le persone vogliono un incontro vero e
reale con Dio, non più innumerevoli pratiche pie, infarcite formule dal sapore stantio. Soprattutto, vogliono
pregare e farlo con passione, sapendo di parlare, per mezzo di Gesù e mediante l’azione dello
Spirito, ad un Padre in premuroso ascolto dei suoi figli. Sono stanchi e stufi di ripetere pappagallescamente,
come lamentose filastrocche, formule che, spesso e in ogni dove, sono pronunciate di corsa
senza sentimento.
La novità pastorale non è l’invenzione di esperienze nuove e suggestive, ma di dare senso e partecipazione
alle consuete azioni liturgiche e pastorali, rese vive, vibranti ed efficaci da un’azione liturgica
che realmente assume come oggetto realtà della vita, con tutte le intrinseche e per nulla semplici dinamicità.
Sicché, la cantonalizzazione, mi pare non una gonfiata panacea, ma una propizia opportunità
per intraprendere un’azione più complessiva ed omogenea, evitando indebite parcellizzazione e immotivate
frammenazioni.
Valorizzare le linee guida di una vera tradizione, oggi è vincente, anche perché la desacralizzazione
sta mostrando la sua vera dimensione, fatta di vacuità, di finzioni e di totale scollamento dalla realee
esistenza del soggetto umano. Una vera e propria stupidità edonistica, veicolata da un’abietta e poco
dissimulate esigenza consumistica. Oggi sì, vista da desolante e folle distruzione dei valori fondamentali
ed essenziali, quali la procreazione, l’assetto fondamentale familiare, la volatilità dei sentimenti
coniugali, la carenza assoluta di alterità, etc. che questo mondo fatuo ha cercato di sostituire con illusori
e stravaganti surrogati, altamente sostenuto dai media, ha distrutto innumerevoli esseri, piuttosto
deboli, caduti purtroppo nella rete adescante di queste moderne sirene. Quante persone, anche intellettualmente
capaci, sono divenute vittime di questo mondo malevole e sono stati buttati - come scarti
e rifiuti immondi nel terrificante deserto del vuoto esistenziale, venato da malinconica solitudine e
disperante delusione e assoluta mancanza di di senso. Frutto insano prodotto da tale ingannevole sistema
è un’intera generazione, composta soprattutto da giovani, che non crede più in nulla, e che vive
(si fa per dire) del tutto svincolata dall’antico e sicuro sistema valoriale. La pastorale delle Missioni
Cattoliche di lingua itaiana, storicamente sorretta da un complesso ideale intramontabile, non è affatto
terminata; anzi, si è progressivamente rafforzata. Infatti - per assurdo - proprio il crollo dell’antico sistema
valoriale e l’assenza attuale di punti di riferimento ne ha dimostrato la determinante necessità,
stante l’oggettivo e grave pericolo che corre la stessa esistenza del genere umano.
In questo nostro tempo, dunque, alla comunità cristiana non è chiesto soltanto una dignitosa e silenziosa
coerenza morale, ma anche una coraggiosa testimonianza, privata e pubblica, di un’esistenza
imperniata su ideali certi. E’ richiesta, altresì, una strenua difesa del millenario complesso valoriale
che si è dimostrato – nel tempo – di poter svolgere il ruolo di tessuto connettivo dell’intera nostra civiltà.
Infine, risulta urgente di trasformare la nostra personale e comunitaria vita cristiana in una non
equivoca proposta che incarni le più alte tensioni ideali e spirituali presenti innegabilmente nei valori
umani, civili ed evangelici.
Ai fini del raggiungimento di questo intenso programma pastorale, la cantonalizzazione diviene la formula
metodologica più che opportuna, in quanto capace di uniformare gli intenti, graduare le scelte,
programmare la formazione della comunità dei fedeli e, in modo del tutto speciale, quella degli operatori,
per valorizzare le plurime e diversificate esperienze territoriali e trasformarle in un sapiente
contributo che diviene insieme proposta e messaggio, del tutto alternativo, peraltro, a quello insano
del mondo, che non può e non deve più poter proseguire indisturbato nella perpetuazione della massacrante
distruzione dell’umana civiltà.
08 - IL FENOMENO DELLA NUOVA INMMIGRAZIONE
C’è un nuovo settore che, in modo massiccio, si va presentando nei vari Cantoni svizzeri ed è il fenomeno
delle nuova immigrazione, diversa in tutta dalla prima. La prima era fatta - per lo più - di persone
tratte dalle più svariate attività e impiegate in gran parte come forza lavoro, su cui la nazione elvetica
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ha costruito buona parte del proprio benessere, tanto da costituire - in quanto a progresso civile ed
organizzazione sociale - una delle società più avanzate a livello mondiale.
La nuova immigrazione italiana è costituita da professionisti e giovani laureali, specializzati nei vari
settori economici e lavorativi che spaziano dal settore informatico a quello imprenditoriale a quello
sanitario, etc. In primis, questo nuovo fenomeno s’impatta con il diverso humus sociale che carat-terizza
temperamento e carattere del modo di relazionarsi svizzero, caratterizzato da un cortese e gentile distacco,
dall’intransigente rispetto delle regole, dalla rigorosa e nota puntualità e dalla capacità di snellire
il da farsi che porta all’innegabile abilità nell’essenzializzare pratiche e comportamenti.
Parametri del tutto differenti da quelli italiani, che sono tipici in tutti i sensi, e che risentono anche
della varia provenienza geografica. Il timbro relazionale e temperamentale italiano, detto in maniera
generale, preferisce e privilegia il rapporto personale rispetto all’intransigente rispetto delle regole,
la cui pedissequa osservanza è percepita come ossessiva e di difficile pratica. La modalità italiana è
soprattutto la capacità di arrangiarsi per far fronte alle molteplici e diversificate situazioni e all’uopo,
ricorre anche all’ingegnosa fantasia e – talvolta - a indebite scorciatoie. Ovviamente, non è il caso qui
di stabilire graduatorie e classifiche, tanto meno è il luogo per produrre giudizi approssimativi, massimalisti
e superficiali. Tuttavia, viene solo registrata l’oggettiva esistenza di una notevole diversità
nel modo di approcciare e stabilire le relazioni, nella maniera di percepire ed interpretare il sistema
sociale e nello scegliere le conseguenti maniere comportamentali.
Questa nuova presenza non può non interpellare la comunità cristiana di lingua italiana. Sono persone
che vanno accolte e – se è il caso – sostenute sia nel disbrigo pratico delle incombenze burocratiche e
amministrative sia nella possibilità di trovare un sicuro appoggio morale e un ambiente sociale primariamente
non ostile, ma anche - ove le condizioni lo consentono - anche familiare, che faccia sentire
un po’ di calore umano in un ambiente piuttosto carente in quanto ad afflato e a rapporto umano.
L’umanissimo bisogno di relazione, per il solo fatto di trovarsi in condizione di straniero, pesa oltre
modo e mette il soggetto in condizione di assoluta precarietà psicologica ed umana. Segue il sostegno
per la lingua, specie nel nostro Cantone Turgovia, e l’aiuto nel disbrigo delle pratiche burocratiche e
in quelle faccende pratiche e quotidiane (spesa, sanità, negozi e mercati, trasporti, etc.) che appartengono
alle impellenti necessità della vita.
Non è un compito facile e, soprattutto, non da sottovalutare: necessita competenza e un notevole bagaglio
di esperienze. Comunque l’accoglienza è un’esigenza primaria e può costuire per noi cattolici
un autentico preambolo della fede. La persona accolta, infatti, ricorderà sempre con riconoscenza chi
gli ha offerto il primo aiuto e il primo sostegno. Questo diviene anche occasione di approfondimento
dell’ambiente e della possibilità formativa offerta dalla comunità cristiana. Trovare persone che svolgano
questa forma di volontariato è, al momento - per stare davvero al passo con i tempi - un impegno
urgente della M.C.I. cantonale. Naturalmente, ciò non va fatto al solo fine dell’acquisizione di un nuov
membro, che avrebbe sapore stantio del proselitismo, per di più operato sfruttando lo stato di bisogno
di una persona, ma per un fine dettato da autentica carità cristiana. Poi è lo Spirito che opera e fa riflettere.
Non posso chiudere queste riflessioni senza l’appello, in favore degli antichi e nuovi immigrati,
ad organizzare centri di intrattenimento, ove sia favorito l’incontro, la condivisione e la festa e ove si
possano celebrare anniversari e ricorrenze varie. Nel contempo, lo dico anche se so che questo appartiene
essenzialmente ad un futuro non prossimo, penso che all’utilità di istituire centri di cultura
e di formazione che possa elevare il tono delle relazioni e consentire un franco e libero dibattito su
temi di varia natura, da quelli spirituali, teologici e morali a quelli squisitamente culturali, di stringente
attualità sociale.
09 - CONCLUSIONE
Per quanto espresso finora, mi pare ovvio, e forse scontato, che la cantonalizazione offre occasioni e
condizione del tuto nuovo e favorevoli, Certo, bisogna convertirsi per abbandanareuna visione miope,
stretta e limitata al proprio piccolo ambiente locale, che pure nel nuovo processo non viene umiliato
ed escluso, ma valorizzato e meglio caratterizzato in quanto viene a mancare la visione angusta delle
cose che ci ha abituato a giudicare il mondo usando come parametro le pareti domestiche. Ma, come
si diceva fin dagli anni ‘70 del secolo scorso, è necessario guardare globalmente ed agire localmente.
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Ciò significa acquisire una mentalità aperta che tenga conto del movimento generale delle idee, delle
nuove esigenze e prospettive e del progressivo emergere di nuove stimolazioni.
Questo sguardo globlabe ci scioglie dalle pastoie imposte dalle situazioni localistiche e circostanziali
e ci apre al mondo. Nel contempo, essendo l’agire a livello locale lascia cadere la tentazione dell’evanescenza
e dell’indebita generalizzazione; nel contempo, e c’impone di compiere scelte immediate,
fatte nell’ hic et nunc che coglie la sfida di questo mondo, che viaggia a velocità vertiginosa e vede i
problemi quotidian i, personali e locali sempre intimamente c onnessi al generale e frenetico movimento
generale.
In questo senso, la cantonalizzazione è un processo da benedire, favorie e non da ostacolare in modo
testardo e,talvolta, ottuso. Esso non deve suscitare paure, sospetti e strane suggestioni. Come diceva
Bonhöffer, nei versi di Stazioni verso la libertà, è necessario affrontare arditi il reale.
La cantonalizzazione è un processo che ci deve coinvolgere e renderci partecipi della globalità entro
cui noi ormai navighiamo. Essa c’impone anche di consapevolizzarsi che il tempo di un’appartenenza
puramente formale, giuridica e soltanto anagrafica alla comunità cristiana è finito. è tempo ormai di
alzarsi di tavola. Così Mons. Bello commentava il brano che precede la passione: a molti cristiani piace
restare a tavola, invece – seguire Gesù – significa muovere i pas si e a ndare non solo ve r so Gerusa -
lemme, ma verso il luogo dove il Mistero si rende presente e visibile. Ciò significa anche uniformare il
nostro passo con quello della Chiesa che procede - sempre come il Cristo - verso il luogo che diventa
rampa di lancio per il Cielo. Non possiamo dimenticare, infatti, che noi operiamo e ci affatichiamo per
raggiungere Cielo e Terra nuova.
La cantonalizzazione, perciò, non deve essere subita, ma ci chiede una forma positiva di presenza e
un nuovo, corretto e maturo protagonismo.
Fra Michele Perruggini, OFM,
M.C.I. di Frauenfeld,
31 agosto 2022.